Quanto è importante la natura all’interno di un contesto di cura? Negli ultimi anni si sta tornando a parlare dell’impatto dell’ambiente naturale sulla salute, soprattutto all’interno degli ospedali, dove spesso ci si trova a relazionarsi con l’asetticità e la mera funzionalità.

È di qualche settimana fa la notizia dell’inaugurazione di un giardino botanico all’esterno della Clinica pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia grazie alla raccolta fondi dell’Associazione “Per Arianna Cooke”, con la riqualifica dell’ingresso principale e del terrazzo della clinica che accoglie i piccoli pazienti e le loro famiglie in un via vai quotidiano.
Per molti si tratta di un transito saltuario, giusto il tempo di svolgere una visita, ma per alcune famiglie l’ospedale costituisce un vero e proprio contesto abitativo per periodi di varia durata.
Il policlinico di Pavia, come altri nosocomi d’Italia, sta assistendo ormai da alcuni anni alla dismissione delle palazzine più vecchie che avevano preso vita nei primi decenni del Novecento dall'interessamento del Premio Nobel Camillo Golgi.
L’organizzazione a padiglioni è una tipologia che ha contribuito, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, alla divisione razionale delle specialità mediche e chirurgiche, trasformando gli ospedali in piccole cittadelle della salute, inserite nelle città ma da esse separate mediante mura, strutturate secondo un’architettura che si sviluppava orizzontalmente per favorire illuminazione e aereazione, con una grande attenzione al contesto paesaggistico, parte integrante del processo di cura e di guarigione.

Il Policlinico San Matteo di Pavia nel 1933 (sanmatteo.org)

Complici le moderne conoscenze in materia di igiene e contagio, nel corso del secolo scorso hanno prevalso fino ai giorni nostri nuove tipologie architettoniche che meglio si adattano alle richieste di funzionalità e produttività. I lunghi percorsi che collegavano i padiglioni iniziarono a essere considerati obsoleti, in nome di collegamenti verticali più rapidi ed efficienti.
L’ospedale monoblocco è andato integrandosi con il vecchio modello, sostituendolo progressivamente e portando con sé anche un maggior senso di straniamento per il paziente. L’ambiente verdeggiante, che era parte integrante dei vecchi edifici, non è stato più considerato una priorità per le nuove costruzioni cosicché molti ospedali hanno finito per identificarsi con quei famosi «non luoghi» teorizzati da Marc Augé, caratterizzati da spersonalizzazione e mancanza di identità.
Eppure, il ruolo della natura non ha mai smesso di esercitare un’influenza positiva. L’aveva capito Roger Ulrich, psicologo dell’ambiente e professore di architettura, che negli anni Ottanta condusse alcuni studi con i quali rilevò l’importanza del paesaggio per la guarigione di pazienti in fase post-operatoria. Le sue ricerche confluirono nella Teoria del Recupero dallo Stress, basata su dati empirici grazie ai quali era riuscito a individuare una ripresa più rapida in coloro che avevano avuto un contatto, anche solo visivo, con la natura durante la degenza.

Sulla scia di Ulrich e degli altri studiosi che hanno valutato i benefici della natura per la salute, già da alcuni anni il mondo del design si è interessato alle implicazioni dell’architettura per promuovere l’inclusione di pazienti e operatori sanitari all’interno di ambienti più distensivi, meno dispersivi e con una facile accessibilità agli spazi verdi.
Li hanno chiamati healing gardens, giardini terapeutici, che in alcuni casi hanno anche lo scopo di coinvolgere in maniera attiva nella cura dello spazio verde i lavoratori e gli ospiti delle strutture sanitarie.
L’Italia, purtroppo, presenta un certo ritardo culturale su questo tema, poiché l’attenzione al verde coinvolge una percentuale di ospedali ancora troppo bassa. Nonostante ciò, a livello accademico sono sempre più diffusi corsi di laurea, master e corsi di perfezionamento dedicati all’architettura del paesaggio e, nello specifico, all’attenzione per i luoghi di cura.
Non vanno poi dimenticati i tentativi di conservazione e ristrutturazione di quegli edifici che, dopo decenni di attività, potremmo definire storici. Il loro mantenimento tramite operazioni di ammodernamento e riqualifica fa sì che possano continuare a fare parte di quello che è un vero patrimonio paesaggistico di valore.

Il nuovo Campus della Salute di Pavia (politecnica.it)
Un bell'esempio viene proprio da Pavia, dove uno dei padiglioni dismessi, quello che ospitava le Cliniche mediche, è stato riconvertito nel Campus della Salute, inaugurato lo scorso settembre, con aule didattiche e informatizzate, sale studio e laboratori per gli studenti della facoltà di Medicina e Chirurgia.

Il sanatorio Morelli di Sondalo (fondoambiente.it)
Non si può, infine, non citare il Villaggio Morelli, l'ex Sanatorio di Sondalo in provincia di Sondrio, riconosciuto come la più grande struttura in Europa per la cura della tubercolosi nel Novecento. Esempio di architettura e urbanistica razionaliste di grande pregio, fa parte del patrimonio FAI e ospita al suo ingresso un museo sulla storia dei sanatori in Valtellina. Progettato all'interno del paesaggio boschivo alpino, rappresenta una interpretazione sapiente in chiave moderna dello spirito del luogo, mantenendo ancora oggi la funzione di ospedale.