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Le Vele di Scampia, tra il fallimento di un'utopia contemporanea e la voglia di riscatto

2024-08-02 18:04

Valeria Sala

Urbanistica,

Le Vele di Scampia, tra il fallimento di un'utopia contemporanea e la voglia di riscatto

Gli ultimi fatti di cronaca hanno riacceso i riflettori sull'emergenza abitativa di Scampia. Chi continua a resistere spera nel progetto di riqualifica

L'ennesima dimostrazione che le famigerate Vele di Scampia hanno rappresentato un'utopia urbanistica e architettonica mai decollata passa purtroppo, ancora una volta, per le notizie di cronaca. È stato probabilmente un cedimento strutturale l'origine del crollo di un ballatoio della Vela celeste nella sera di lunedì 22 luglio scorso, che ha causato, allo stato attuale, tre morti e dodici feriti, tra cui sette bambini.

 

Costruite tra il 1962 e il 1975, le Vele facevano parte di un progetto di sviluppo della città di Napoli, che, come nel resto d'Italia, aveva la finalità di andare incontro alle esigenze abitative successive al secondo dopoguerra. 

Il problema degli sfollati post-bellici, il boom delle nascite, con la conseguente speculazione edilizia, portarono all'istituzione dei Piani di zona per l'Edilizia Economica e Popolare. Fu quindi la Legge 167 del 1962, volta a disciplinare l'edilizia popolare, a dare il via a tutta una serie di progettazioni che ridisegnarono le periferie da Nord a Sud della Penisola.

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In quegli anni Scampia, nel Comune di Secondigliano, apparteneva a un'ampia zona rurale, che ben presto avrebbe cambiato i propri connotati agricoli. Le aree collinari a essa limitrofe, che separavano il centro partenopeo dal cosiddetto ager neapolitanus, erano già state interessate dall'edificazione selvaggia riservata principalmente ai ceti medio-alti, nota come “sacco di Napoli”. Se la speculazione edilizia di quel periodo aveva quindi prodotto la trasformazione caotica e sregolata di quartieri come il Vomero, l'Arenella e Posillipo, i progetti della 167 rivolti alle periferie ebbero mire ambiziose, avvalendosi di una consulenza urbanistica e architettonica di spicco.

A Secondigliano il progetto di Francesco Di Salvo si ispirava a correnti di stampo razionalista: l'Existenzminimum mirava alla costruzione di unità abitative minime in ottemperanza al bisogno sociale di case, come era stato per il celebre esempio dell'Unité d'habitation di Le Corbusier. Di Salvo ideò quindi sette edifici, che avrebbero dovuto richiamare gli spazi dei vicoli di Napoli mediante l'accostamento di due corpi di fabbrica, collegati da ballatoi sospesi. Aspetti centrali del progetto dovevano essere la socialità, da realizzarsi attraverso spazi comuni, che avrebbero intervallato le abitazioni, e le aree verdi. 

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Foto di Jiří Kúr su Unsplash 

Il tentativo di Di Salvo, che ricorda molto da vicino l'utopia del falansterio di Charles Fourier, in realtà naufragò fin da subito, complici una serie di scelte sfortunate. In primo luogo, la ditta appaltatrice non rispettò il progetto, sostituendo i materiali leggeri previsti dall'architetto con il calcestruzzo armato e riducendo lo spazio tra i blocchi abitativi. Non furono realizzati, poi, i luoghi deputati ai servizi e alla vita sociale così come non venne messa in essere la forma parabolica tipica della vela, che avrebbe consentito un maggiore passaggio della luce.

Una parte delle case fu concessa agli assegnatari in anticipo, quando ancora non erano stati completati i lavori; si aggiunsero poi gli sfollati del terremoto dell'Irpinia del 1980, che occuparono abusivamente altre abitazioni. 

Quelli che erano stati pensati come luoghi abitativi all'avanguardia si rivelarono ben presto veri e propri ghetti, dove la mancanza di una rete culturale e ricreativa ha fatto da terreno fertile per il proliferare di attività criminali e camorristiche. L'isolamento (l'Asse Mediano fu progettato a seguito del terremoto e la linea metropolitana arrivò a Scampia nel 1995) così come la latitanza delle forze dell'ordine fecero infatti da incentivo per le mire della malavita.

Eppure Scampia ha sempre resistito, nonostante la criminalità e i disagi di ogni genere, grazie all'impegno quotidiano dei singoli: famiglie normali, uomini, donne e ragazzi che continuano a impegnarsi per il proprio quartiere, attraverso il volontariato, le associazioni, la cultura. Come don Aniello Manganiello, il parroco anticamorra fondatore dell'oratorio Don Guanella. O Gianni Maddaloni, conosciuto da tutti come ‘o Maé, che nella sua palestra allena bambini e ragazzi per sottrarli alla criminalità, offrendo loro l’alternativa della legalità attraverso il judo. 

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Gianni Maddaloni (ilfattoquotidiano.it)

Magistralmente interpretato da Beppe Fiorello nel film del 2001 L'oro di Scampia, ‘o Maé ha portato il quartiere napoletano sul tetto del mondo con la vittoria del figlio Pino alle Olimpiadi di Sydney nel 2000. In questi giorni, dai Giochi di Parigi dove ha accompagnato la judoka Susy Scutto che ha fatto crescere come atleta proprio nella sua palestra, ha manifestato tutto il suo sconforto per il destino di Scampia. Lui, che nelle Vele ci ha abitato per tanti anni con la sua famiglia, ha ricordato che proprio la Vela celeste dovrebbe rimanere quale simbolo di una riqualificazione successiva al completo abbattimento delle altre, iniziato nel 1997. 

Ma ancora troppe famiglie attendono un alloggio alternativo da oltre quindici anni, quando il Comune di Napoli ha presentato il progetto ReStart Scampia, che prevede un'inversione di rotta significativa. Si tratta di realizzare tutte quelle attività che sono mancate in questi decenni e di rivalutare l'intero quartiere con nuovi spazi a misura d'uomo.

In questi casi, però, lo scetticismo è d'obbligo, soprattutto per chi, come gli abitanti del Comitato delle Vele, da quasi quarant'anni denuncia, inascoltato, condizioni di pericolo, tra l'invasione incontrollata di amianto, le passerelle pericolanti e chi più ne ha più ne metta.  

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La denuncia passa per l'arte (artribune.com)

Resta tanta amarezza per chi vede leso, quotidianamente e da una vita, il diritto ad abitare, per sé e per i propri figli, oggi più di ieri. E la speranza che gli sforzi fatti finora, come la nascita del Polo sanitario dell'Università Federico II, o la costruzione della nuova stazione della linea metropolitana, possano essere il monito per dare un volto nuovo a questa periferia per troppo tempo bistrattata.

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Le Vele della Costa Azzurra (radiocolonna.it)

Che il contesto urbanistico, sociale e culturale possa influenzare il destino di un progetto abitativo è dimostrato dall'esempio delle cosiddette “vele della Costa Azzurra”, la Marina Baie des Anges. Si tratta di quattro piramidi molto simili a quelle di Scampia, ma con un destino diametralmente opposto. Siamo a Villeneuve-Loubet, a pochi chilometri da Antibes, e qui gli appartamenti sono esclusivamente appannaggio di famiglie benestanti, affacciati su una baia turistica che sa di lusso e di divertimento. Progetti molto simili realizzati in periodi di tempo contigui, che rivelano come la necessità abitativa non possa mai essere disgiunta da uno studio attento di tutte quelle componenti che, inevitabilmente, si intrecciano con l'architettura e l'urbanistica.